Insieme a Legambiente per tutelare patrimoni preziosi e specie a rischio.
Scegliendo le confezioni natalizie di Legambiente e Libera Terra sostieni le attività di salvaguardia delle specie a rischio nelle aree di Legambiente Natura.
Le aree protette rappresentano per Legambiente la risposta più adeguata a proteggere paesaggi ed ecosistemi delicati e ricchi di biodiversità di cui l’Italia è custode.
Secondo il rapporto di IPCC dell’Onu l’impegno dei prossimi 10 anni sarà cruciale per difendere le specie selvatiche a rischio, minacciate anche dalla crisi climatica. Legambiente contribuisce alla crescita della natura protetta grazie alla gestione diretta, tramite i Circoli locali o i Comitati Regionali, delle aree di Legambiente Natura, una rete di 46 aree naturalistiche su tutto il territorio nazionale che interessano oltre 15.000 ettari.
Nelle aree di Legambiente Natura i volontari svolgono attività di tutela della biodiversità e promuovono lo sviluppo sostenibile locale, l’educazione ambientale, la fruizione turistica sostenibile con una particolare attenzione all’accoglienza dei disabili ed ai servizi dedicati ai bambini e agli anziani.
L’obiettivo europeo è aumentare almeno fino al 30% le aree protette di terra e mare entro il 2030. Per farlo occorre istituire in Italia almeno 70 nuove aree protette e di queste, 40 sono state proposte da Legambiente. Ci impegniamo inoltre nel ripristinare aree degradate ed ecosistemi perduti, e nel finanziare strutture e progetti specifici per il recupero e la salvaguardia di specie a rischio come il camoscio appenninico, l’orso bruno marsicano e specie floristiche di interesse comunitario come la rara orchidea scarpetta di Venere.
Le specie da proteggere
Camoscio, Orchidea e Orso Marsicano sono i nomi delle confezioni per ricordare tre specie a rischio e minacciate che verranno protette anche grazie ai fondi raccolti: il Camoscio Appenninico, la rara Orchidea Scarpetta di Venere e l’Orso Bruno Marsicano, tre specie che rendono unica e di rara bellezza la biodiversità degli Appennini italiani.
Foto di Antonio Antonucci
Il Camoscio Appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata), è una sottospecie endemica che vive esclusivamente in alcune aree montuose dei nostri Appennini. Durante la stagione calda vive in ambienti rocciosi d’alta quota e si muove con grande facilità su ripidi pendii; ciò gli permette di raggiungere facilmente erbe, muschi, licheni e germogli dei quali si nutre. In inverno, con abbondante copertura nevosa, può scendere in boschi più a valle. All’inizio del secolo scorso era ridotto a poche decine di esemplari a causa di pesanti azioni di sfruttamento dovute alla caccia, all’utilizzo del territorio e alla concorrenza con il bestiame, rischiando l’estinzione.
Oggi, grazie a diversi progetti sia nazionali che a livello europeo (LIFE) e ad un impegno coordinato tra mondo scientifico, aree protette, associazioni e società civile, si possono contare poco più di 3800 esemplari distribuiti tra cinque diverse popolazioni all’interno delle aree protette di: Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Parco nazionale della Majella, Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Parco nazionale dei Monti Sibillini e Parco Regionale Sirente Velino. Sebbene ancora molto rimanga da fare per questo che viene definito come il camoscio più bello del mondo, la sua vicenda tratteggia il quadro di una storia di successo per la conservazione della natura in Italia, frutto di un lavoro comune sostenuto anche da Legambiente che dimostra come la gestione faunistica dei grandi mammiferi non si possa riassumere solo in termini di criticità ma, anche di esempi di buone pratiche in grado di essere efficaci e innovative.
Foto di Fabio Conti
La Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus) è un fiore chiamato così per via della particolare forma a pantofolina del labello inferiore. Appartiene alla famiglia delle Orchidacee ed è la più grande e vistosa orchidea in Italia. È maggiormente diffusa nell’arco alpino mentre in appennino la si può trovare nel Parco nazionale della Majella con una popolazione di poche decine di individui, e nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con alcune centinaia di esemplari. La Scarpetta di Venere attira, grazie al suo colore, particolari insetti impollinatori che entrano nel suo fiore, caricandosi di polline e successivamente favorendone la diffusione.
Questa specie, già molto rara, sta via via diminuendo in Italia a causa di diversi fattori come incendi, pascolamento e una presenza eccessiva di turisti non regolamentati e dediti alla raccolta indiscriminata. Per far si che la Scarpetta di Venere non scompaia, si applicano tutele e si finanziano progetti per la sua salvaguardia sia a livello nazionale che europeo. Gli interventi di conservazione non sono semplici in quanto la moltiplicazione in vitro di questa pianta è estremamente difficile. Per questo motivo, ogni fioritura naturale viene monitorata in maniera accurata, sostenuta nel caso da un’impollinazione manuale dei fiori come supporto a quella naturale, ed è sempre accolta come un vero e proprio successo.
Foto di Valentino Mastrella
L’Orso Bruno Marsicano, nome scientifico Ursus arctos marsicanus, è una sottospecie di orso bruno endemica dell’Appennino centrale. È stato caratterizzato da un lungo periodo di isolamento che ha portato la piccola popolazione marsicana a differenziarsi come sottospecie, considerata quindi come unità evolutiva e conservazionistica a sé stante dall’orso che vive invece sulle Alpi (Ursus arctos arctos). Nonostante la mole, l’aspetto tozzo e l’andatura goffa, può correre velocemente e arrampicarsi facilmente sugli alberi alla ricerca di cibo. È un animale onnivoro e si nutre sia di sostanze animali che vegetali, anche se predilige quest’ultime.
L’Orso Bruno Marsicano conta circa 50-55 individui. La maggior parte di questi animali si concentra all’interno e nelle immediate vicinanze del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, di cui è il simbolo, ma negli ultimi anni si è registrata una lenta e graduale espansione geografica. Proprio a causa della scarsa numerosità e dell’areale ridotto, questo grande mammifero ha un’altissima probabilità di estinguersi. Benché prima della metà del secolo scorso in Italia venne introdotta una normativa con lo scopo di garantire all’orso una protezione legale, negli ultimi cento anni, nell’Appennino centrale, le popolazioni di Orso Marsicano si sono ridotte drasticamente. Ciò a causa delle diverse minacce come il bracconaggio, gli incidenti stradali, l’avvelenamento, la frammentazione e trasformazione degli habitat, tagli boschivi, turismo non regolamentato e interazione con il bestiame domestico. Questa specie perciò necessita urgentemente di essere protetta per poter sopravvivere a lungo sulle nostre montagne.